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Channel: criminalità – LIBERNAZIONE
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Viaggiare: la prudenza non è una questione di sesso

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Sono alto un metro e 65 cm., ho un principio – chiamiamolo così – di pancetta, mi viene il fiatone a far due piani di scale e l’ultima volta che ho fatto a botte avevo tredici anni, alle medie. Insomma, non di certo un grande esempio di virilità, tantomeno un guerriero nato, e, proprio per questa ragione, tendo ad evitare situazioni di pericolo, potenzialmente violente, nelle quali avrei quasi sicuramente la peggio. Come direbbe un altro autore di questo blog, “la mia nonviolenza è uno stato di necessità piuttosto che una questione di principio”.

D’altra parte mi piace viaggiare, ho avuto la fortuna sin da giovanissimo di visitare mezzo mondo e tuttora, quando il tempo e il denaro me lo consentono, amo spendere il mio tempo libero con lo zaino in spalla e un paio di scarpe comode ai piedi. Negli anni ho però imparato che la prima virtù del buon viaggiatore è la prudenza, ovvero quell’atteggiamento di cosciente distacco da situazioni a te estranee che, proprio perché sconosciute, potrebbero costituire un eventuale pericolo. Il mondo, là fuori, non è di certo un giardino edenico pronto ad accogliere a braccia aperte il ricco viaggiatore occidentale solo perché equipaggiato di un bel sorriso e buone intenzioni. Al contrario, l’avere a che fare con realtà aliene spesso comporta un certo grado di rischio, tanto più se ci si ritrova in contesti dove la violenza fa parte della quotidianità.

Tutto ciò, assieme al dato concreto della mia scarsa statura, mi ha insegnato nel corso degli anni ad evitare viaggi, paesi o situazioni che potrebbero mettere a repentaglio la mia incolumità fisica. Più che vigliaccheria, preferisco pensarla come una forma di rispetto verso la mia persona e i miei cari, o come un’espressione di sano realismo nei confronti di un mondo sicuramente non prono ai voli pindarici dell’Europeo viziato e sognatore. Se si vuole davvero godere del viaggio, è necessario innanzitutto armarsi di buon senso.

Mi sembra dunque che tutte queste considerazioni – un po’ banalotte, in realtà – possano rivelarsi valide e utili per entrambi i sessi. Sebbene uomo, non mi concederei di certo il “lusso” di visitare (da solo o in compagnia) un quartiere povero di Caracas, il Sudan della guerra civile o le piantagioni di coca in Colombia – giusto per fare degli esempi stupidi. Eppure, la vulgata del politicamente corretto lamenta sempre più la presunta discriminazioni delle donne viaggiatrici, apparentemente impossibilitate a visitare certi paesi senza correre il rischio di venire ammazzate. È il caso, ma ce ne sono tanti, della studentessa paraguaiana e della sua lettera di protesta per una coppia di ragazze argentine uccise durante un viaggio in Ecuador. L’appello lanciato, già diventato virale, è quello di rivendicare il diritto delle donne a viaggiare da sole, non importa la destinazione o il contesto socio-economico del caso: #ViajoSola.

Peccato però che l’Ecuador sia uno dei paesi a maggior rischio per i viaggiatori – di entrambi i sessi – e che presenti un tasso di criminalità decisamente elevato (trentaquattresima posizione su 117 paesi, non male). Senza contare il fatto che le due ragazze, rimaste senza soldi, avevano accettato ospitalità per la notte da due perfetti sconosciuti.

Ora, ditemi: pure la prudenza è una forma di discriminazione?


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